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Verso una pastorale missionaria:

fiducia, speranza e coraggio

 

Premessa.

            I presenti appunti  vogliono essere la rappresentazione scritta di una concezione e di una impostazione pastorale maturate attraverso un ministero di oltre 40 anni, in un  territorio nella periferia di Castellammare di Stabia: condivisi per un discernimento più ampio ed anche per offrire stimoli e riferimenti per un ripensamento della pastorale in dimensione missionaria. 

            Esperienze, suggestioni ed intuizioni affidate non tanto alla critica quanto piuttosto alla rielaborazione ed all’arricchimento dettati non solo da competenze, ma soprattutto dallo zelo pastorale aperto alla creatività ed al coraggio di tentare nuove strade. Riflessioni ed esperienze che presentano i limiti e la provvisorietà di ogni inizio cammino.

 

Chiesa in uscita.

            “Chiesa in uscita”: l’immagine va oltre  l’affermata distinzione tra “pastore” e “gregge”; indica la maturità dell’intero popolo di Dio che nel suo essere chiesa si riscopre annunciatore della vita buona del Vangelo e costruttore della Città del Cielo nella città dell’uomo.

            L’obiettivo della pastorale rinnovata va oltre la cura dei “vicini”  nel recinto della chiesa parrocchiale; esso si sposta verso le “periferie”, i terreni aridi da trasformare in pascoli buoni, coinvolgendo in questo processo tutte le forze e le risorse accumulate finora attraverso anni o secoli dedicati alla cura dei vicini. Una “Chiesa in uscita”, appunto.

            Non si può negare che tante volte la pastorale si è risolta  in una “ipercura” delle pecore, divenute obese spiritualmente nel pulito e nel sicuro dell’ovile, con conseguente abbandono degli ampi pascoli esterni in cui la stragrande maggioranza delle pecorelle è sfinita ed esposta ad ogni rischio  ...niente a che fare con la “pastorale” e con gli atteggiamenti del Buon Pastore che non si sottrae alla fatica, al sudore ed al puzzo  delle pecore.

 

Convergenza sul “mondo”.      

            “Conversione” o, se si vuole, “convergenza” pastorale non verso l’interno delle mura della chiesa per meglio organizzare e fare là dove già tanto si fa,  ma verso i suoi punti più lontani. Una “esplosione”, e non una “implosione” della grazia e dei ministeri.

            Il mandato di Gesù affidato alla “sua” chiesa attualizza l’immagine profetica dell’acqua che esce dalle porte del tempio e diventa un fiume che risana e porta vita fuori, nel deserto e nell’Araba (Ez.). E’ il senso dell’essere cristiani oggi; cristiani “nel mondo”, perché il mondo veda, creda, si salvi.

            Conversione al “mondo”...o convergenza sul “mondo”, perché il mondo è nel cuore di Dio. Mondo:  per noi im-”mondizia”….Gesù si è fatto “peccato”: non per condannare il mondo ed il suo peccato ma per redimerlo. Dio si è fatto “mondo” per rigenerarlo secondo il suo progetto originario; un processo che affida alla sua Chiesa perché esso ridiventi “cosa buona”. Un mondo-immondizia da ossigenare, illuminare, trasfigurare. E’ il progetto di Dio.

            “Io sono con voi”: è la certezza che vince la paura di “perderci” nel mondo e l’istinto naturale di isolarci da esso assumendo atteggiamenti di rassegnazione e di difesa.   Una certezza che diventa coraggio di osare e letizia, sostenuti  dall’esperienza del risanamento e della rigenerazione operati dalla forza del Vangelo.

            In questo contesto assumono significato più pieno carismi e ministeri, ordinati e non, intesi non solo come servizio per la santificazione del già “santo popolo di Dio” ma, prima ancora, come servizio per la rianimazione e la salvezza del “mondo”.

            Chiesa “apostolica”: non in senso statico per cui la solidità e la dinamicità del messaggio evangelico trasmesso dalle dodici colonne si trasforma in aridità dottrinale e rigidità strutturale, quanto soprattutto in senso dinamico: la Chiesa ha ricevuto una missione da svolgere su un mandato preciso, quello appunto consegnato dal Maestro ai dodici che, da “discepoli”, diventano “apostoli”.

            Lungi dal deprezzare la “vecchia” impostazione pastorale, bisogna tuttavia ammetterne l’ inadeguatezza nei confronti delle nuove urgenze e sfide opposte da una società in continua involuzione e da uno stile di vita, anche da parte di chi si dice cristiano, che si chiude in un orizzonte esclusivamente terreno.

            Si riconosce  la  funzione della pastorale “tradizionale” che ha permesso alla Chiesa di crescere fino allo stato attuale, ma proprio questa più piena consapevolezza raggiunta impone che, gradualmente ma decisamente, essa smetta quel vestito che ora le sta troppo stretto. Non si tratta di eliminare d’un colpo il vecchio che poco regge: si rischierebbe di far crollare tutto; si tratta invece di impiantare nuove strutture che supportino e gradualmente sostituiscano quelle inadeguate. Il tutto, però, con estrema decisione.

            L’urgenza del cambiamento arriva proprio dal mondo esterno che va sempre più alla deriva inseguendo il benessere provvisorio ed il consenso delle masse, a discapito del bene e della verità. Una società che progressivamente sostituisce i suoi stessi valori costitutivi di ispirazione cristiana, quali la famiglia, il bene comune, l’educazione con pseudo valori “laici”, all’insegna della libertà e del progresso.

            Dai pastori è richiesto il servizio dell’umile discernimento e della fiduciosa sequela della voce dello Spirito che spinge la sua Chiesa a rendersi libera dalle inutili osservanze per camminare su nuove strade. Un duro e paziente lavoro di conversione pastorale, di smontamento dei rigidi schemi pastorali dietro cui ancora si cerca sicurezza, ma che risultano chiaramente “ingessati” di fronte ad una coscienza sociale e cristiana estremamente fluida.

 

Una Chiesa in transumanza.

            Il mondo: il luogo del cammino.

Nella storia della salvezza, il primo atteggiamento che è richiesto al popolo eletto ed alle loro guide è quello dell’”uscita” dal proprio chiuso per camminare verso gli aperti orizzonti di Dio, attenti e docili alla sua voce. “Ascolta, Israele”… “ Esci dalla tua terra!”...“Prendete il largo!”

            Andare verso dove spinge lo Spirito. E’ una meta che si chiarisce solo man mano che si compie il cammino: con tanti errori di valutazione, ma sempre nell’umile disponibilità alla verifica ed alla correzione della rotta.

Del nuovo cammino tre sono le cose sicure:

il punto di partenza, che è la misera condizione dell’uomo che si illude di avere tutto nel suo mondo: non si accorge di vivere da schiavo in un deserto che lo coprirà con la sua polvere;

il punto di arrivo: la terra promessa, la cui strada  è indicata solo da Dio… passo passo, ma sarà la terra dove scorre latte e miele;

l’oggi, nella sua fatica, sofferenza, incertezza... che però si riempie di letizia nella certa speranza della meta che, pur se ancora non vista, dà forza e senso al cammino.

            La pastorale non può prescindere da questa condizione di transumanza: una carovana che, col suo passaggio, traccia una strada visibile ed invitante per chi dal deserto  vuole uscirne. Lungo il cammino canta la sua speranza... e ciò  la rende “luce” per il mondo.

«Oracolo di Balaam, figlio di Beor, come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele! Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe!” (Num.)

            La vita della Chiesa è essa stessa primo annunzio,  segno-sacramento di un mistero che inizia a realizzarsi, grembo che accoglie, guarisce ed accompagna coloro che si uniscono al cammino.

            Nella prospettiva della meta che rende lieto e fecondo il cammino, anche il deserto “rifiorisce”: non è più la valle oscura, ma il luogo dove passo passo, di fatica in fatica si realizza e si partecipa la speranza. Di qui la rinnovata e particolare attenzione della pastorale al creato, al territorio ed al vivere sociale: la cura della casa comune e dei rapporti che in essa vengono ricostruiti annunzia e fa pregustare la vita buona della terra promessa e diventa incentivo che sostiene il cammino.

 

La comunità: da oggetto a soggetto di pastorale.

            Compito non facile dei pastori è quello di investire l’intera comunità ed ogni cristiano della corresponsabilità missionaria, ad iniziare dai gruppi, dalle associazioni, dalle aggregazioni, dai movimenti....              Non si può rimanere “discepoli” per tutta la vita: anche nella Chiesa bisogna crescere; è tempo che tanti buoni cristiani cresciuti, come tali,  prendano coscienza della loro chiamata ad essere “apostoli” e della responsabilità che ne deriva.

            La quotidianità, in modo particolare, è il tempo della missione: una chiesa che si riscopre e cresce nel tempio, ma che poi testimonia, annunzia, si fa prossima, accompagna giorno per giorno, ovunque: come acqua che a rivoli esce dal tempio per risanare ogni zolla del deserto circostante. Le prime comunità cristiane danno la misura di quanto il vivere e l’abitare quotidiano possano essere evangelizzanti.

            Quotidianità e capillarità: lo stile della nuova missione. Raggiungere tutti nei loro luoghi di vita per una semina a tappeto della speranza. Non importa se siano strada, terreno sassoso o già impregnato di rovi; c’è anche tanto terreno buono da scoprire e da valorizzare. Fiori belli nascono anche tra le rocce… e magari saranno i più profumati. 

            Ma non solo seminare: soprattutto poi occorre curare ed accompagnare la crescita dei primi germogli fino alla loro maturità, quando anch’essi saranno pronti per una nuova semina a più ampio raggio.

            E’ un lavoro faticoso ed a lungo termine a cui chiamare ogni cristiano di “volontà buona” valorizzando tutti i carismi;  è qualcosa che va oltre la tradizionale “missione popolare” o le tante pur positive iniziative d’incontro di famiglie o di persone; si tratta di “recintare” un campo, dissodarlo, seminarlo, coltivarlo, raccoglierne i frutti man mano che maturano perché essi stessi, poi, siano seminati in un campo più ampio. Non a caso, nella pastorale, l’icona della bontà del pastore è accompagnata da quella della pazienza dell’agricoltore.

            Campo privilegiato di semina e di cura è la famiglia, luogo naturale della buona crescita umana, sociale e cristiana. Una pastorale missionaria non potrà mai eludere la fatica dell’accompagnamento delle famiglie, non solo riconoscendo le loro problematiche, ma soprattutto promuovendone l’identità di cellule costitutive della società e della Chiesa rinnovate.

 

L’esperienza delle comunità di vicinato.

            L’esperienza delle “comunità di vicinato”, in atto da circa quattro anni nella parrocchia “Gesù Buon Pastore”, nella periferia di Castellammare di Stabia, può offrire un elemento di confronto nel ripensamento della pastorale in dimensione missionaria. 

            Lo spirito che anima l’esperienza fa diretto riferimento allo stile di vita della prime comunità cristiane in cui l’ascolto del messaggio evangelico si trasformava in atteggiamenti di fraternità, di condivisione, di consegna della fede nel Risorto… in un clima di letizia derivante dall’esperienza della vita buona del Vangelo.

            Il modulo scelto adotta il criterio del vicinato (condominio, quartiere, cortile…)   come ambito di evangelizzazione per la costituzione e la cura, sul posto, di una comunità - lievito che si prenda cura delle altre famiglie del vicinato, ne favorisca la conoscenza e le relazioni, promuova rapporti di amicizia, di prossimità, di condivisione.

            Con il tempo, nelle comunità sono nati nuovi carismi e sono cresciuti nuovi ministeri, secondo le peculiarità di ognuna: accompagnamento delle famiglie, iniziazione cristiana, prossimità ai bisogni ed alle sofferenze, animazione e promozione del territorio, promozione dei buoni rapporti sociali, cura delle fasce più deboli… è la chiesa che abita le mura domestiche, i cortili, i quartieri… nel quotidiano.

            Tutte le comunità di vicinato vivono in comunione e condivisione tra di loro, sia attraverso gli animatori mandati dalla parrocchia, sia attraverso momenti d’incontro e di celebrazione comuni, in modo particolare nella festa domenicale.

            L’affermazione di questo stile pastorale sta infondendo nuova vitalità e nuovo senso all’essere parrocchia: la “casa vicina”, la casa che si fa vicina. Anche la pastorale tradizionale gradualmente si va rinnovando e si libera da tutte quelle pastoie che l’appesantivano e la rendevano sterile privandola della sua dimensione profetica: devozioni, ricorrenze, scadenze, corsi, impegni vari….  La vita all’interno della struttura parrocchiale va rendendosi più snella e maggiormente disponibile ad attività formative, d’accoglienza, ricreative… anche ad integrazione ed a sostegno del cammino delle comunità di vicinato.

 

           

La vita nelle Comunità di vicinato.

            La vita delle Comunità di vicinato risulta essere prolungamento e, nello stesso tempo, iniziazione e completamento della vita comunitaria che si svolge all’interno della struttura parrocchiale.

            Innanzitutto la liturgia domenicale diventa guida settimanale per il cammino formativo ed operativo di ogni singola comunità. Periodicamente l’incontro si trasforma in festa di accoglienza per altre famiglie.

            Dall’incontro settimanale derivano la verifica e la programmazione dei vari servizi che man mano sono diventati sempre più numerosi col crescere delle comunità e con la valorizzazione dei carismi.

            Attualmente nelle comunità di vicinato si curano i seguenti servizi, ovviamente scrutinati, coordinati e verificati con tutti i collaboratori parrocchiali.

Servizio della carità, che si attua in un impegno di prossimità e di condivisione con le famiglie più bisognose. A questo scopo è stata stipulata una convenzione col Banco Alimentare per cui ogni famiglia bisognosa mensilmente riceve a casa un aiuto in generi alimentari consegnato da persone della sua comunità; ciò dà l’occasione non solo di prendersi cura delle famiglie, ma anche di educarle e di evangelizzarle proprio nel loro stato di bisogno.

          Forma peculiare del servizio della carità è la prossimità agli an-           ziani ed agli ammalati, servizio svolto da ministri straordinari           dell'Eucarestia, anch'essi persone del vicinato.

Accompagnamento delle famiglie, in riferimento soprattutto al cammino di iniziazione cristiana. I giovani sposi sono presi in carico dalla nascita di un figlio, quando non è possibile prima. L’accompagnamento inizia la famiglia alla vita della chiesa e, nel tempo opportuno, la prepara alla celebrazione del battesimo. Dopo il battesimo i genitori vengono guidati, singolarmente ed in gruppi, perché accompagnino i figli nella loro crescita nella fede. Intanto anche per i bambini si svolge, soprattutto in parrocchia, un cammino ad ampio respiro con incontri di catechesi di celebrazione e di festa: ciò fino all’età di 8 anni quando i fanciulli vengono accolti in parrocchia per l’ultima tappa di cammino in preparazione alla Riconciliazione ed all’Eucarestia.

Integrazione sociale e cura del territorio, sia quello particolare dei vicinati, sia quello parrocchiale: servizio animato dell’associazione parrocchiale di volontariato, collaborato dai volontari caritas. Si tratta della promozione di iniziative e di eventi sul territorio per favorirne la cura e l’integrazione sociale. Naturalmente in queste occasioni è coinvolta tutta la comunità parrocchiale.

Una piccola opera,  segno di vicinanza e di speranza, è allo studio per una prossima realizzazione: una scuola-laboratorio di ricamo, taglio, cucito per giovani ragazze, da mettere su in due comunità di vicinato che presentano particolari problematiche proprio a livello giovanile.

 

Una struttura pastorale profetica.

            In una prospettiva di missione, il concentrarsi sull’essenziale è indispensabile alla riuscita della missione stessa, soprattutto quando si tratta di una complessa struttura pastorale, come quella diocesana, che rischia di disperdere le forze in tante iniziative buone, ma non finalizzate ad un comune e chiaro obiettivo.

            Nello stesso tempo è importante che la stessa organizzazione centrale acquisti tempo, spazio e volto nelle diverse zone pastorali e, attraverso queste, in ogni singola Unità pastorale. Essenzialità e capillarità per una presenza significativa su tutto il territorio diocesano.

                        Evangelizzazione e catechesi, Liturgia, Caritas non possono essere pensate come tre ambiti autonomi: essi dovranno costituire un tutt’uno, per un unico progetto organico di nuova evangelizzazione che raggiunga ogni uomo e donna nei suoi luoghi di vita, in modo privilegiato nella famiglia. 

            Perché il cammino resti unitario e, nello stesso tempo, garantisca quella diversificazione dei metodi e degli strumenti ritenuti adeguati alle urgenze delle varie realtà,

            per un confronto più ampio,

            per una maggiore disponibilità di risorse,

            per l'integrazione dei quartieri e della popolazione di una Città,

penso sia importante rivalutare il ruolo della Zona al di sopra delle Unità sia per la progettazione che per il coordinamento del cammino pastorale sulle indicazioni delle linee diocesane.

            In ogni zona  “pastorale” è opportuno costituire un Consiglio zonale con membri   di tutte le U.P. il quale si faccia promotore di un cammino di sensibilizzazione e di formazione all’impegno missionario sul territorio per tutti collaboratori parrocchiali.

            In ogni Unità pastorale, attraverso gruppi di studio e di laboratorio, potranno emergere, oltre alle criticità,  risorse umane,  strutturali, associative, istituzionali... per la formulazione di un progetto pastorale globale incarnato sul territorio che, attraverso la programmazione di segni concreti di speranza, risvegli la coscienza, la letizia e la corresponsabilità dell’essere Chiesa in cammino nel mondo .

 

E’ ovvio che quanto esposto è la risultante, decisamente positiva, di anni di cammino spesso faticato e sofferto: fatto di piccoli passi in avanti ed anche di passi indietro, di trepidazione nell’uscire da certi schemi per l’incertezza del futuro, di pazienza e di attesa nella preparazione del tempo più opportuno per il compimento dei piccoli passi successivi. E si ha la certezza che il cammino aprirà ancora nuovi ed inesplorati orizzonti.

 

C.mare di Stabia, 27/06/2016.                     Don Antonio Santarpia

parroco in C.mare di Stabia

Rione Moscarella-Savorito

parrocchia “Gesù Buon Pastore

 

 

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